A chi non è mai capitato di sentirsi dire, a brutto muso, tu non sei nessuno, alzi la mano destra (va bene anche la sinistra, sia mai che la Comunità Europea m'accusi di discriminazione anatomo-brachiale).
Spesso accade che il neurone facinoroso dell'individuo che ci aggredisce, tentando di re-spingerci nella dimensione del nulla (posto che il nulla abbia una qualche dimensione), inneschi un processo d'iper salivazione nell'egotrofico cavo orale del nostro aggressore, costringendoci ad una apnea forzata, onde evitare d'affogare nel rimbalzo di quell'umore insipido, trasparente ed un poco vischioso.
L'impatto, derivante dall'urto dialettico, coll'eccitatissimo ego dell'energumeno, è, talvolta, dirompente, senza dubbio avvilente, umiliante fino alla mortificazione, soprattutto se accade in presenza di altre persone: non importa che siano persone che amiamo e stimiamo o dei perfetti sconosciuti, l'effetto sulla nostra anima non cambierà.
L'impronta del maldestro piedone verbale del troglodita rimarrà, marcata ed indelebile, sulla corteccia della nostra memoria per sempre, a meno che... non ci venisse la sciagurata, si fa per dire, vocazione ad interloquire col cercopiteco della dialettica civile.
"Scusa caro...", domanderemmo noi, " ... per quale motivo dunque, se sono niente o un non uno, tu mi rivolgi la parola?". "Lo statuto ontologico del "nihil", cioè del nulla o non essere qualche d'uno ovvero nessuno, non si dà, dialetticamente, in riferimento ad alcun soggetto percepente, in quanto "esso" è in-presentabile.".
"Mi pare che la dialettica, qui operante, si dia istantaneamente nella percezione della realtà, con la trasformazione dell’oggetto percepito e contestualmente del soggetto percepente; essa ha, senza dubbio, a che vedere con la virtualità, intesa come piano percettivo-proiettivo, sul quale si costruiscono le rappresentazioni, sempre dislocate e diacroniche, del reale."
" Tuttavia l'in-presentabile, cioè ciò di cui non si da la presenza in alcun modo, non può dirsi come se fosse una predisposizione formata di un pensiero sul reale; da un punto di vista gnoseologico non può distinguersi (gr.:dia- stizein) dalla sua rappresentazione", ora breve pausa, come se tenessimo in considerazione le sua opinione, un lieve e misurato respiro e via di nuovo col maglio perforante, "pertanto, carissimo, non credi che su ciò di cui non si può parlare, si debba necessariamente tacere?". (cfr. L.Wietgenstein, Tractatus Logico-Philosophicus - proposizione settima 7, ed. Einaudi).
Godersi l'espressione inebetita del selvaggio non ha prezzo, per tutto il resto c'è sempre il dito medio.
Alessandro Tesini
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