CHARLIE HEBDO, UNA RIVISTA PER TUTTI E PER NESSUNO.
Charlie
Hebdo una rivista per tutti e per nessuno. Accidenti!, e chi lo avrebbe detto
mai che anche dei "vignettari" (mestiere rispettabilissimo), s'è
offeso qualcuno?, partecipassero ad una sorta di Nietzsche renaissance, in
forma digito grafiKa.
"Ora,
dato che pochi - troppo pochi - capiscono perché l’ha fatto, allora ha fatto
bene.". (cit. http://goo.gl/E6dspI
blog http://ilmioamicodio.blogspot.it/, conosco , personalmente, e stimo
l'uomo che scrive il blog di cui sopra).
Tuttavia
a partire da che, qualcuno, avrebbe fatto cosa, e lo avrebbe fatto bene?; qui è
evidente l'insussistenza di qualsivoglia relazione genealogica tra il gesto
satirico dei giornalisti di C.H., ovvero il gesto satirico in quanto frutto di
pratiche, per dir così, grafiche, la ridotta capacità di comprensione del gesto
in quanto tale, da qui i pochi: ma pochi rispetto a quali molti?, e la bontà
del gesto satirico, esibito in tutta la sua tragica portata pubblica.
Tornando
a noi, ovvero alla domanda originaria, credo che potrei rispondere, almeno
nell'immediato del trasporto emotivo, così: ha "fatto bene" le offese
alla religione. Ma fatto in che senso, e poi, bene come?. Bene nel suo farsi
stesso, cioè nel senso del farsi tipico della perizia tecnica del disegnatore,
che esibisce, mediante il grafema, il suo sub strato ideologico irreversibile?
Se
le cose stanno così è difficile sostenere che non fossero competenti, come
disegnatori almeno; è evidente che non vi sia alcuna pre-tesa, qui, di
rimandare oltre il detto, anche perché il detto, con la sua parola
caratterizzante, è sempre postumo, come del resto lo è il segno grafico, che è,
non solo postumo, ma anche posticcio.
Facciamo
un salto, almeno per il momento: contestualizziamo il tutto all'interno delle
pratiche di vita, di parola e di scrittura che sono tipiche esibizioni del fare
relazionante dell'uomo.
Prima
però voglio ricordare che (ci tengo da morire) un certo Gesù , duemila anni fa,
fece scandalo rischiando grosso: DUEMILA ANNI DI STORIA E NON ANCORA UN NUOVO
DIO! (F. Nietzsche)
E
si, perché l'ebreo Gesù non le mandava mica a dire, aveva il brutto vizio di
farla, la morale, personalmente: "Non sono venuto a portare pace, ma una
spada" (Mt 10,34b)
O
cazzo! (volevo scrivere oddio ma era troppo politicamente corretto), sarà
mica un terrorista!? Non corriamo, non corriamo, piano e per punti, poi
torniamo a Gesù.
Laïcité,
prima di tutto!, nessuno uscirà vivo di qui, neppure gli intoccabili! (Si, era
Jim Morrison, mi avete scoperto); dunque scrivevo: Laïcité, prima di tutto!,
ovvero la più alta espressione di conquista, occidentale, della realtà e della
libertà assoluta "in sé": ma va là!
Effettivamente
l'ho trascritta grossa: la Libertà in sé, che ideona!
In
altri termini la potremmo tradurre così, almeno credo: libertà come nozione
assoluta della verità "in sé", relativa al pensiero del soggetto che
pensa.
Si,
no, boh?, vedremo.
Per
quanto ne so una nozione o idea di una "realtà assoluta", per giunta
sussistente in se medesima è, a me pare, assurda, soprattutto se pensata
dileguata (quanto mi piace questa parola!) da una qualsiasi nozione o idea, non
fosse altro perché il concetto di "realtà assoluta in se" o
"cosa in sé" è una nozione o idea.
Riprendo
le fila, elenco i concetti che voglio pensare criticamente: diritto
illimitato di satira, come espressione della Laïcité, che è la più alta
espressione di conquista occidentale della realtà e della libertà, almeno
secondo i sacerdoti, i diaconi e i chierici della rivista Charlie Hebdo,
ma anche per i loro epigoni.
E
qui, però, è difficile: diritto illimitato; passi la parola
satira, soprattutto se abbiamo cognizione del fatto che l'etimo della
parola satira, dal latino satura lanx, affiderebbe il suo senso primo ed
ultimo al vassoio riempito di offerte agli dei, che è una evidente buccia di
banana per "laici" incalliti; se, poi, alla redazione di C.H.
sapessero cosa significa laico e che, ad esempio, anche i cristiani non
appartenenti al clero sono laici, gli prenderebbe un colpo: opsss m'è scappato,
il colpo. LA SATIRA, LA SATIRA: MON AMOUR!
Naturalmente, lo do per assodato, siamo
tutti d'accordo sul fatto che non ci sia questione seria che non possa o debba
essere seguita da una fragorosa risata, ma il "diritto illimitato" di
dire, fare, baciare, lettera, e/o testamento, chi se la sente di metterlo in
discussione?
Io,
o per essere più precisi, la giurisprudenza occidentale o parte di essa (non ho
nozione del diritto penale, e delle relative procedure, di tutti i paesi
europei), però in Italia (la Francia non si discosta molto, da loro la diffamazione è regolata dall'art. 29 della legge 29 luglio
1881), la diffamazione è sancita penalmente (che paese di
barbari!), cito:
"Nell'ordinamento giuridico italiano, la diffamazione (art. 595, codice penale) è un delitto contro l'onore
ed è definita come l'offesa all'altrui reputazione, comunicata a più persone
con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di comunicazione. A differenza del
delitto di ingiuria di cui all'art. 594 c.p., il delitto di diffamazione può
essere consumato solo in assenza della persona offesa.
Il bene giuridico tutelato dalla norma è la
reputazione intesa come l'immagine di sé presso gli altri.
L'analisi testuale della norma consente di
risalire ai suoi elementi strutturali: l'offesa all'altrui reputazione, intesa
come lesione delle qualità personali, morali ,sociali, professionali, etc. di
un individuo; la comunicazione con più persone, laddove l'espressione "più
persone" deve intendersi senz'altro come "almeno due persone";
l'assenza della persona offesa, da intendersi secondo la più autorevole
dottrina come l'impossibilità di percepire l'offesa."
Sono
colpito!, non parlo perché son rapito...quindi scrivo, ecco qui:
La diffamazione è un delitto contro l'onore ed è
definita come l'offesa all'altrui reputazione.
Dunque, se non ho capito male, l'offesa consisterebbe
nell'essere lesivi dell'altrui dignità, delle sue qualità personali,
morali, sociali, professionali; dunque chi diffamasse si arrogherebbe la
pretesa di annichilire il diritto all'onorabilità, il diritto alla
rispettabilità, il diritto alla dignità dell'altrui persona, anche quando il
concetto di "persona", estensibile e declinabile, rimanda
inderogabilmente alla pluralità dei gruppi umani oltre al proprio, nella
specificità esaltante dei suoi generi, e nel pieno della loro espressione etica
quindi sociale: una umiliazione dell'altro in piena regola, altro che Laïcité!
Ora, però, per non dispiacere agli dei ma anche per non
confondere troppo le sinapsi agli imbecillotti, debbo sostenere che la satira
non sempre nasconde, come ho scritto altrove, un
pensiero insofferente ed intollerante, che non sopporta chi non si conforma,
radicalmente e totalmente, alla "laïcité", olè, olè, olè.
Questo
concetto, "pensiero
insofferente ed intollerante..." ecc., è, a mio giudizio, fondato
quando si tratta di Charlie Hebdo ed eventuali epigoni.
Perché?
Perché genealogicamente l'anarchico ed anche un poco "fasciste
avec le aggravante rouge" (si scrive così?,
speriamo), gruppo di lavoro della rivista C.H., è asservito all'idea
della Laïcité quale più alta espressione di conquista,
occidentale, della realtà e della libertà assoluta "in sé". Senza dimenticare che la libertà assoluta, così tanto celebrata, in Francia la si ottenne a suon di "sgozzamenti cervicali": ricordate la ghigliottina, o vi difetta la memoria della storia?
N,B.: Esibisco la prova del "fasciste avec le aggravante rouge":
Lo dico io? no, lo dicono loro, lo ha ribadito la
moglie del fu direttore della rivista Charlie Hebdo.
Oggi Il mio amico Dio, alias @lddio, nel suo scritto
sostiene che essere lesivi
dell'altrui dignità, delle sue qualità personali, morali, sociali,
professionali (lui, per onore di cronaca, scrive "la presa in giro della religione", anche senza
nessun rispetto...") serva a ribadire il concetto che noi siamo in un
mondo libero. Domando: quale mondo libero?, libero da che o da chi?, dalle
religioni?
Dunque: Liberté, Égalité, Fraternité?, ma se sono palesemente concetti pilastro della dottrina
e della vita cristiana, enunciati dall'ebreo Gesù, e ribaditi allo sfinimento
dall'ebreo-romano (ius soli, con buona pace di Salvini) Saulo di Tarso.
Ecco qui, giusto un cammeo,
per ribadire il concetto di "mondo libero", che
"libero" lo è, solo ed esclusivamente, a partire dalla prospettiva
totalizzante dell'occidente, il quale, di norma, censura
esibendo un preteso ridicolo del sentimento religioso (ma non solo), proprio o
altrui, quale espressione impossibile della propria cultura ovvero di tutte
quelle pratiche di vita, di parola e di scrittura e quindi di relazione
rispetto alle verità (sempre relative appunto) sulle quali sono fondate, da
migliaia di anni, le tradizioni di senso più proprie della nostra civiltà e di
quelle altrui, questo che ci piaccia o no.
Affermare che la "laïcité" sia la più alta
espressione di conquista occidentale della realtà e della libertà "in
sé", non solo sprofonda nel ridicolo chi lo afferma ma rivela la pochezza
della profondità del pensiero di chi la sostiene.
Tale pretesa conquista di verità assoluta è
palesemente assurda ed inconsistente.
Ora però debbo tornare a Gesù, lo avevo promesso ai
miei pii lettori.
Dunque l'ebreo Gesù, che non le mandava mica a
dire, e che aveva il brutto vizio di fare, personalmente, la morale agli uomini
di potere, fa quel che fa e dice quel che dice non tanto per osare in faccia al potere, o per fare cose estremamente
diverse dalla norma (è un paladino della buona norma, quella del Padre
Suo) o dalla convenienza, ma per richiamare al senso della relazione tra
l'essere dell'uomo con l'altro uomo, quello che gli si pone di fronte e reclama
giustizia: ogni giorno (potere e libertà).
Ma questo senso della
relazione, fondativo della libertà e della giustizia, come è, dov'è
ed in che senso è quel che è?, domandereste appropriatamente voi; qui in sintesi: caro
Pilato dimmi, che potere avresti tu se non ti fosse dato da chi sta sopra di
te? Altrove, ma ve lo andate a leggere da soli: Il
giovane ricco, Matteo 19, 16-22.
Giungo alla fine dunque, con sommo gaudio vostro,
per sollevare il problema della satira fondamentalista quella ad
ogni costo anche della vita, se non fosse tragico, sarebbe persino ridicolo
sostenerlo: che Iddio ce ne scampi.
N.B.: per accedere alla comprensione del post,
nella sua opportuna dimensione critica, si deve leggere il lavoro di
@lddio, dal titolo
"SE LA E' CERCATA", all'indirizzo
riportato qui sotto:
http://goo.gl/E6dspI
blog http://ilmioamicodio.blogspot.it/
Alessandro Tesini
Nessun commento:
Posta un commento