lunedì 12 gennaio 2015

CHARLIE HEBDO, UNA RIVISTA PER TUTTI E PER NESSUNO.

CHARLIE HEBDO, UNA RIVISTA PER TUTTI E PER NESSUNO.





Charlie Hebdo una rivista per tutti e per nessuno. Accidenti!, e chi lo avrebbe detto mai che anche dei "vignettari" (mestiere rispettabilissimo), s'è offeso qualcuno?, partecipassero ad una sorta di Nietzsche renaissance, in forma digito grafiKa. 

"Ora, dato che pochi - troppo pochi - capiscono perché l’ha fatto, allora ha fatto bene.". (cit. http://goo.gl/E6dspI blog http://ilmioamicodio.blogspot.it/, conosco , personalmente, e stimo l'uomo che scrive il blog di cui sopra).

Tuttavia a partire da che, qualcuno, avrebbe fatto cosa, e lo avrebbe fatto bene?; qui è evidente l'insussistenza di qualsivoglia relazione genealogica tra il gesto satirico dei giornalisti di C.H., ovvero il gesto satirico in quanto frutto di pratiche, per dir così, grafiche, la ridotta capacità di comprensione del gesto in quanto tale, da qui i pochi: ma pochi rispetto a quali molti?, e la bontà del gesto satirico, esibito in tutta la sua tragica portata pubblica.  

Tornando a noi, ovvero alla domanda originaria, credo che potrei rispondere, almeno nell'immediato del trasporto emotivo, così: ha "fatto bene" le offese alla religione. Ma fatto in che senso, e poi, bene come?. Bene nel suo farsi stesso, cioè nel senso del farsi tipico della perizia tecnica del disegnatore, che esibisce, mediante il grafema, il suo sub strato ideologico irreversibile? 

Se le cose stanno così è difficile sostenere che non fossero competenti, come disegnatori almeno; è evidente che non vi sia alcuna pre-tesa, qui, di rimandare oltre il detto, anche perché il detto, con la sua parola caratterizzante, è sempre postumo, come del resto lo è il segno grafico, che è, non solo postumo, ma anche posticcio.

Facciamo un salto, almeno per il momento: contestualizziamo il tutto all'interno delle pratiche di vita, di parola e di scrittura che sono tipiche esibizioni del fare relazionante dell'uomo. 

Prima però voglio ricordare che (ci tengo da morire) un certo Gesù , duemila anni fa, fece scandalo rischiando grosso: DUEMILA ANNI DI STORIA E NON ANCORA UN NUOVO DIO! (F. Nietzsche)

E si, perché l'ebreo Gesù non le mandava mica a dire, aveva il brutto vizio di farla, la morale, personalmente: "Non sono venuto a portare pace, ma una spada" (Mt 10,34b)
O cazzo! (volevo scrivere oddio ma era troppo  politicamente corretto), sarà mica un terrorista!? Non corriamo, non corriamo, piano e per punti, poi torniamo a Gesù.

Laïcité, prima di tutto!, nessuno uscirà vivo di qui, neppure gli intoccabili! (Si, era Jim Morrison, mi avete scoperto); dunque scrivevo: Laïcité, prima di tutto!, ovvero la più alta espressione di conquista, occidentale, della realtà e della libertà assoluta "in sé": ma va là! 

Effettivamente l'ho trascritta grossa: la Libertà in sé, che ideona! 

In altri termini la potremmo tradurre così, almeno credo: libertà come nozione assoluta della verità "in sé", relativa al pensiero del soggetto che pensa. 

Si, no, boh?, vedremo. 

Per quanto ne so una nozione o idea di una "realtà assoluta", per giunta sussistente in se medesima è, a me pare, assurda, soprattutto se pensata dileguata (quanto mi piace questa parola!) da una qualsiasi nozione o idea, non fosse altro perché il concetto di "realtà assoluta in se" o "cosa in sé" è una nozione o idea. 

Riprendo le fila, elenco i concetti che voglio pensare criticamente: diritto illimitato di satira, come espressione della Laïcité, che è la più alta espressione di conquista occidentale della realtà e della libertà, almeno secondo i sacerdoti, i diaconi e i chierici della rivista Charlie Hebdo, ma anche per i loro epigoni. 

E qui, però, è difficile: diritto illimitato; passi la parola satira, soprattutto se abbiamo cognizione del fatto che l'etimo della parola satira, dal latino satura lanx, affiderebbe il suo senso primo ed ultimo al vassoio riempito di offerte agli dei, che è una evidente buccia di banana per "laici" incalliti; se, poi, alla redazione di C.H. sapessero cosa significa laico e che, ad esempio, anche i cristiani non appartenenti al clero sono laici, gli prenderebbe un colpo: opsss m'è scappato, il colpo. LA SATIRA, LA SATIRA: MON AMOUR!

Naturalmente, lo do per assodato, siamo tutti d'accordo sul fatto che non ci sia questione seria che non possa o debba essere seguita da una fragorosa risata, ma il "diritto illimitato" di dire, fare, baciare, lettera, e/o testamento, chi se la sente di metterlo in discussione?

Io, o per essere più precisi, la giurisprudenza occidentale o parte di essa (non ho nozione del diritto penale, e delle relative procedure, di tutti i paesi europei), però in Italia (la Francia non si discosta molto, da loro la diffamazione è regolata dall'art. 29 della legge 29 luglio 1881), la diffamazione è sancita penalmente (che paese di barbari!), cito:

 "Nell'ordinamento giuridico italiano, la diffamazione (art. 595, codice penale) è un delitto contro l'onore ed è definita come l'offesa all'altrui reputazione, comunicata a più persone con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di comunicazione. A differenza del delitto di ingiuria di cui all'art. 594 c.p., il delitto di diffamazione può essere consumato solo in assenza della persona offesa.
Il bene giuridico tutelato dalla norma è la reputazione intesa come l'immagine di sé presso gli altri.
L'analisi testuale della norma consente di risalire ai suoi elementi strutturali: l'offesa all'altrui reputazione, intesa come lesione delle qualità personali, morali ,sociali, professionali, etc. di un individuo; la comunicazione con più persone, laddove l'espressione "più persone" deve intendersi senz'altro come "almeno due persone"; l'assenza della persona offesa, da intendersi secondo la più autorevole dottrina come l'impossibilità di percepire l'offesa."

Sono colpito!, non parlo perché son rapito...quindi scrivo, ecco qui: 


La diffamazione è un delitto contro l'onore ed è definita come l'offesa all'altrui reputazione.

Dunque, se non ho capito male, l'offesa consisterebbe nell'essere lesivi dell'altrui dignità, delle sue qualità personali, morali, sociali, professionali; dunque chi diffamasse si arrogherebbe la pretesa di annichilire il diritto all'onorabilità, il diritto alla rispettabilità, il diritto alla dignità dell'altrui persona, anche quando il concetto di "persona", estensibile e declinabile, rimanda inderogabilmente alla pluralità dei gruppi umani oltre al proprio, nella specificità esaltante dei suoi generi, e nel pieno della loro espressione etica quindi sociale: una umiliazione dell'altro in piena regola, altro che Laïcité! 

Ora, però, per non dispiacere agli dei ma anche per non confondere troppo le sinapsi agli imbecillotti, debbo sostenere che la satira non sempre nasconde, come ho scritto altrove, un pensiero insofferente ed intollerante, che non sopporta chi non si conforma, radicalmente e totalmente, alla "laïcité", olè, olè, olè.

Questo concetto, "pensiero insofferente ed intollerante..." ecc., è, a mio giudizio, fondato quando si tratta di Charlie Hebdo ed eventuali epigoni.


Perché? Perché genealogicamente l'anarchico ed anche un poco "fasciste avec le aggravante rouge" (si scrive così?, speriamo), gruppo di lavoro della rivista C.H., è asservito all'idea della Laïcité  quale più alta espressione di conquista, occidentale, della realtà e della libertà assoluta "in sé". Senza dimenticare che la libertà assoluta, così tanto celebrata, in Francia la si ottenne a suon di "sgozzamenti cervicali": ricordate la ghigliottina, o vi difetta la memoria della storia?


N,B.: Esibisco la prova del "fasciste avec le aggravante rouge":




Lo dico io? no, lo dicono loro, lo ha ribadito la moglie del fu direttore della rivista Charlie Hebdo. 

Oggi Il mio amico Dio, alias @lddio, nel suo scritto sostiene che essere lesivi dell'altrui dignità, delle sue qualità personali, morali, sociali, professionali (lui, per onore di cronaca, scrive "la presa in giro della religione", anche senza nessun rispetto...") serva a ribadire il concetto che noi siamo in un mondo libero. Domando: quale mondo libero?, libero da che o da chi?, dalle religioni? 

Dunque: Liberté, Égalité, Fraternité?, ma se sono palesemente concetti pilastro della dottrina e della vita cristiana, enunciati dall'ebreo Gesù, e ribaditi allo sfinimento dall'ebreo-romano (ius soli, con buona pace di Salvini) Saulo di Tarso. 

Ecco qui, giusto un cammeo, per ribadire il concetto di "mondo libero", che "libero" lo è, solo ed esclusivamente, a partire dalla prospettiva totalizzante dell'occidente, il quale, di norma, censura esibendo un preteso ridicolo del sentimento religioso (ma non solo), proprio o altrui, quale espressione impossibile della propria cultura ovvero di tutte quelle pratiche di vita, di parola e di scrittura e quindi di relazione rispetto alle verità (sempre relative appunto) sulle quali sono fondate, da migliaia di anni, le tradizioni di senso più proprie della nostra civiltà e di quelle altrui, questo che ci piaccia o no. 

Affermare che la "laïcité" sia la più alta espressione di conquista occidentale della realtà e della libertà "in sé", non solo sprofonda nel ridicolo chi lo afferma ma rivela la pochezza della profondità del pensiero di chi la sostiene. 

Tale pretesa conquista di verità assoluta è palesemente assurda ed inconsistente.



Ora però debbo tornare a Gesù, lo avevo promesso ai miei pii lettori.

Dunque l'ebreo Gesù, che non le mandava mica a dire, e che aveva il brutto vizio di fare, personalmente, la morale agli uomini di potere, fa quel che fa e dice quel che dice non tanto per osare in faccia al potere, o per fare cose estremamente diverse dalla norma (è un paladino della buona norma, quella del Padre Suo) o dalla convenienza, ma per richiamare al senso della relazione tra l'essere dell'uomo con l'altro uomo, quello che gli si pone di fronte e reclama giustizia: ogni giorno (potere e libertà).

Ma questo senso della relazione, fondativo della libertà e della giustizia, come è, dov'è ed in che senso è quel che è?, domandereste appropriatamente voi; qui in sintesi: caro Pilato dimmi, che potere avresti tu se non ti fosse dato da chi sta sopra di te? Altrove, ma ve lo andate a leggere da soli: Il giovane ricco, Matteo 19, 16-22. 

Giungo alla fine dunque, con sommo gaudio vostro,  per sollevare il problema della satira fondamentalista quella ad ogni costo anche della vita, se non fosse tragico, sarebbe persino ridicolo sostenerlo: che Iddio ce ne scampi.

N.B.: per accedere alla comprensione del post, nella sua opportuna dimensione critica, si deve leggere il lavoro di @lddio, dal titolo
"SE LA E' CERCATA", all'indirizzo riportato qui sotto:

 http://goo.gl/E6dspI blog http://ilmioamicodio.blogspot.it/

Alessandro Tesini




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