Partiamo da un concetto facile facile, ovvero
la differenza che intercorre tra una persona intelligente ed
una profondamente connotata dall'inequivocabile tratto dell'imbecillità.
Perché ho scritto della differenza?, per la
semplice ragione che recentemente m'è accaduto d'assistere ad un fatto,
tutt'altro che inconsueto nella nostra società altamente civilizzata (scherzavo
scrivendo civilizzata), e che, nonostante tutto, m'ha dato modo di riflettere,
appunto, sul concetto di "diff-erenza": differentia, quale derivato di diffĕrens.
Bene, dunque, ecco gli
elementi di ragione in sintesi:
IL FATTO
Un amico carissimo,
professionista indipendente, di non comune intelligenza e sensibilità
e grande competenza, è stato, prima insultato, e poi minacciato dal
top manager d'una notissima "azienda" italiana.
L'INSULTO
Assodato che l'insulto è
l'angusto rifugio dei "rettili" delle relazioni umane, domandiamoci
ora: che sarà mai la minaccia?
LA MINACCIA
In genere la minaccia è la
rappresentazione verbale di un fatto (factum), o come se fosse già un
fatto agente; la minaccia è, dunque, il fatto di promettere o annunciare un
male, un danno, un castigo: per Giove!, nemmeno fosse Dio Onnipotente.
IL MOVENTE
L'invidia, la smisurata
ambizione, l'egoismo cronico, il senso di frustrazione tipico dei
"nani" di fronte ai "giganti", la miopia congenita
d'un'anima indolente, certo non come quella d'un Baudelaire in "Il mio
cuore messo a nudo", piuttosto direi, in una parola: l'imbecillità
d'un cieco idrofide bianco.
LA PERSONA DIFFIDANTE
Non pervenuta, mi spiace.
Ora però vorrei tornare, per un momento, al
concetto, facile facile, di differenza ossia al termine che ne delinea,
tratteggiandolo, il contorno di senso ed anche il suo orlo semantico:
differenza come mancanza d'identità,
quindi di somiglianza o di corrispondenza fra persone o cose che sono diverse
tra loro per natura o per qualità e caratteri, "nani" e
"giganti" dicevo poco sopra, dunque, almeno fin qui, mi pare i conti
tornino.
Sono le contesse, il
termine lo uso come lo si usa in meteorologia, o meglio le contese che non
tornano, che restano là dove sono state istruite, imbastite, appunto, allo
stesso modo che costituisce il vento una nube, cumulo di spire elicoidali ed
ammasso di vapori bianchi.
Esse non sono certo fatte
per far librare in alto aquiloni, in competizioni di valore o di bravura.
Le contese sono il frutto
velenoso che brama la disputa, che è sottana notoriamente puttana, che litiga,
contendendo, non solo per cose da nulla ma per il nulla stesso.
Nelle contese si urla, si
contrasta per impedire, cercando di togliere ad altri qualcosa che si vorrebbe
per sé; si vuole il "premio" o il "posto" di qualcuno:
"...nessuno mi può contendere questo diritto!, nessuno può togliermi ciò
che voglio per me! ".
Chi avrebbe detto che
sarei arrivato fin qui, a dire, scrivendo, di quel che io credo sia il senso
della differenza, nel suo dirsi e soprattutto nel suo farsi così, facile facile, come costituisce il vento una nube.