martedì 4 marzo 2014

UN CONCETTO FACILE FACILE: "IO LA DIFFIDO!".


Partiamo da un concetto facile facile, ovvero la differenza che intercorre tra una persona intelligente ed una profondamente connotata dall'inequivocabile tratto dell'imbecillità. 

Perché ho scritto della differenza?, per la semplice ragione che recentemente m'è accaduto d'assistere ad un fatto, tutt'altro che inconsueto nella nostra società altamente civilizzata (scherzavo scrivendo civilizzata), e che, nonostante tutto, m'ha dato modo di riflettere, appunto, sul concetto di "diff-erenza": differentia, quale derivato di diffĕrens. 

Bene, dunque, ecco gli elementi di ragione in sintesi:

IL FATTO
Un amico carissimo, professionista indipendente, di non comune intelligenza e sensibilità e grande competenza, è stato, prima insultato, e poi minacciato dal top manager d'una notissima "azienda" italiana. 

L'INSULTO 
Assodato che l'insulto è l'angusto rifugio dei "rettili" delle relazioni umane, domandiamoci  ora: che sarà mai la minaccia?

LA MINACCIA
In genere la minaccia è la rappresentazione verbale di un fatto (factum), o come se fosse già un fatto agente; la minaccia è, dunque, il fatto di promettere o annunciare un male, un danno, un castigo: per Giove!, nemmeno fosse Dio Onnipotente.

IL MOVENTE 
L'invidia, la smisurata ambizione, l'egoismo cronico, il senso di frustrazione tipico dei "nani" di fronte ai "giganti", la miopia congenita d'un'anima indolente, certo non come quella d'un Baudelaire in "Il mio cuore messo a nudo", piuttosto direi, in una parola: l'imbecillità d'un cieco idrofide bianco. 

LA PERSONA DIFFIDANTE
Non pervenuta, mi spiace.

Ora però vorrei tornare, per un momento, al concetto, facile facile, di differenza ossia al termine che ne delinea, tratteggiandolo, il contorno di senso ed anche il suo orlo semantico: differenza come mancanza d'identità, quindi di somiglianza o di corrispondenza fra persone o cose che sono diverse tra loro per natura o per qualità e caratteri, "nani" e "giganti" dicevo poco sopra, dunque, almeno fin qui, mi pare i conti tornino.

Sono le contesse, il termine lo uso come lo si usa in meteorologia, o meglio le contese che non tornano, che restano là dove sono state istruite, imbastite, appunto, allo stesso modo che costituisce il vento una nube, cumulo di spire elicoidali ed ammasso di vapori bianchi.

Esse non sono certo fatte per far librare in alto aquiloni, in competizioni di valore o di bravura. 

Le contese sono il frutto velenoso che brama la disputa, che è sottana notoriamente puttana, che litiga, contendendo, non solo per cose da nulla ma per il nulla stesso. 

Nelle contese si urla, si contrasta per impedire, cercando di togliere ad altri qualcosa che si vorrebbe per sé; si vuole il "premio" o il "posto" di qualcuno: "...nessuno mi può contendere questo diritto!, nessuno può togliermi ciò che voglio per me! ". 

Chi avrebbe detto che sarei arrivato fin qui, a dire, scrivendo, di quel che io credo sia il senso della differenza, nel suo dirsi e soprattutto nel suo farsi così, facile facile, come costituisce il vento una nube. 

Voi però, a partire da ora, DIFFIDATE!