giovedì 12 novembre 2020

EYA UNA.


 

EYA UNA.

 

Dentro l’immagine eterna che ho di lei.

 

Alzava piano la testa

 

E il volto

       (avorio d’Africa

                 e Centro America

 

era sempre indice

d’Una musica magnifica

 

         ;in quel quadro

 

Le darò il mio nome

               :Eya Una!

 

 Una

bambina

coi capelli rame

che il rame del resto

 

è oscuro

come un’isola all’alba

 

Per quel che conosceva lei

del suo lato

        tutto diverso

 

Non occorreva più nemmeno un passo

verso

   La condizione ideale

raggiunta

 

nell’universo imprevisto

       della sua fervida carnalità

 

L’elemento erotico

 

Subito alla prima difesa

                  talvolta ipocrita

era

Come Un testo liturgico

 

Colmo di tutte quelle banalità

Perfettamente allineate

 

ma prima del grande pasto

        Gli animali più feroci

si avvicinano

            pacificamente

 

così

,come L’uomo

stende

 il braccio

         Subito

 

  alla prima frase

            nell’improvviso

 

m’era mai

venuto in mente

che All’università

non si tratta soltanto

di insegnare

          senza il piacere

 

, di gustare

Frasi

  versi

    e luce d’agosto.

 

Lodarla

Ogni giovedì

 

Questo facevo

 

Sopra tutto

     questo Sopra

 

nelle Numerose lettere

recapitate e scritte

 

In un mare d’affanno

 

le venne imposto

di mettere le scarpe ai piedi

 

ma come si può

mettere alle ali le scarpe!?

 

Fu trascinata

In Un lavoro pieno di abnegazione

 

Lontana alla mia mano

Fu trascinata

Dove Si agita

    da un luogo all’altro

La regola del decoro

 

Una fortuna sfacciata!

, non c’è altro da dire.

 

 

Bisogna ammettere

però

che il lavoro giornaliero

 

fa nobile

    l’uomo di basse origini

nel rigore

    delle sue forme di vita

 

la fissavo e basta

 

Eya Una

Con la schiena

appoggiata alla pioggia

 

nella distanza

 

che batteva la mezzanotte

 

dentro l’immagine eterna che ho di lei.

 

 

 

 

sabato 23 maggio 2020

SULLA MIA MANO


SULLA MIA MANO                                                                                       


Con le dita ricamo
 occasioni

                    sature

Del tuo respiro
                        
                ( ma Quanto deve durare …

Un  bacio?

                         e M’illudo di potere

Ad ogni sillaba
                        nel chiaro di luna

 Che arresta la mano

                        Su ogni goccia smessa di piovere

Sulla terra di pietra
Sui tuoi occhi neri
                               e rari

Di quelle solitudini immense
Di quei luoghi silenzi
dentro alle notti  inumide                      
  
                                 Non buie però

in cui Socchiudiamo la bocca
e In punta di lingua …

                     , finalmente

…  profumo di fiori

così nella stanza
Quei respiri Dolci
             ed amari anche

sulla pelle che avanza

Ti chiamo  
, Di tanto in tanto
sospiri
, e Mi basta

L’Ondata rossa di sangue fluisce
sulle mie note allineate a distanza

              che sono un confine

da Accarezzare, si
di tenerezza, si

          ma violenta però

come Quando
                 sceso dal treno

     non mi preoccupavo granché
 di sapere di te
    io volevo il bacio diretto

sapido
            e  tremante

e il sapore del mare

“ Quella fu una giornata particolare …”
, dici …

Certo
, rispondo …

 dovuta
 ad abilità personali

, Al  vino versato
      sul tavolo nuovo

                      e Ti rubavo brutale

l’espressione impressa

                di un ladro in flagrante

sulla mia mano

                                poi Uno stupore

   Finalmente
 , iniziavo ad avere da te

di fronte …  di dentro …
               
                  in quel principio d’estate

Su Per la strada di casa
 sulla parete
                         appesa

ai fazzoletti di colori sgargianti

                        toccavo

per l’eterno d’un intero secondo 

 Studi
 , letture
   , meditazioni

Escogitavo i piani più terribili

Pieno di te
 persino

il Persistente senso di inquietudine

Si opponeva al conflitto

                         e M’illudevo di potere ancora

d’ogni sillaba
                        nel chiaro di luna

in quelle solitudini immense

Di quei luoghi silenzi

dentro alle notti                       

                        Su ogni goccia smessa di piovere

Sulla terra di pietra

Sui tuoi occhi neri

Sulla mia mano


mercoledì 18 marzo 2020

PRIMA D’ANDARE


PRIMA D’ANDARE


Semplicità delle parole
  nei modi e nel linguaggio
    Come si usano al mercato

… di tanto in tanto mangio biscotti alla cannella

 Lecco dal piatto le briciole di lato

… sarà forse l’ignoranza che mi riveste

d’ambizioni  e  torbidi pensieri

Di quell’impulso pieno
Che mi traveste
un’anima e due corpi

E mi risuonano agli orecchi
  le parole che dividono

   …  feriscono
      
Proibiscono i doni

… differiscono

L’una all’altra
L’una sull’altra

   come le foglie che arrestano
     … sulla terra bagnata di fresco

Ogni mattina da sveglio
mi travesto

 Prendo il mantello

Sibilo giù
 le scale di pietra

Apro

L’acqua del fornello

Appicco

Il fuoco nel lavabo

 Assemblo

 la macchina a caffè

… macino
     per te

teneri e violenti

gesti

che l’ansia m’arrende dentro 

… ma è nella stanza in penombra
Che di te rimane
sul letto
l’ombra

… come i passi su un prato
che profuma di fiori …

e ti guardo e riguardo

di sbieco
t’attraverso
i mie occhi

d’una debolezza celeste
e ridicola

pur stuzzicandosi

di tanto in tanto

spalancano
abissano e abrogano

la brutalità che ho d’affrontare ogni questione

Mi definiscono

Piuttosto difficile che noioso

La maggior parte di quelli che mi frequentano
Non mi conoscono

Però

Non biasimo affatto
questi ragazzi di buona famiglia

Ornamenti
Nervi saldi
come solidi
compatti

... esigono da me

Ogni stranezza e singolarità

C’è l’utile e il diletto
moderato 

... così

Ti scrivo

Prima di andare

Semplicità delle parole
  Nei modi e nel linguaggio
    Come si usano al mercato

Sotto le bandiere

incrociate

Del mio amore in disarmo