venerdì 28 dicembre 2018

ALLELUJA.


ALLELUJA.

Avrei potuto semplicemente dire
raccontarmela
a mo di canzone
ma
Avevo
Una voglia vorace
che mi levava le scarpe

e Le palme nude
sul suolo sottile 
dentro al cortile
di lusso
duro di sasso
Senza tracce

Solo il sesso
 e il resto

Mi faceva orrore

Scrivere forse

Una sillaba alla volta
Bianco di brina

Poi L’indomani
Svolgere la mia storia al passato

Il tempo d’un pasto
quale indumento esterno
che mi può fare da pelle

Nudo

Come un tempo remoto 
come un moto
diversamente acceleravo

Qualsiasi cosa abbia potuto dire
Le sentivo palpitare le cosce
Tra i rumori dell’acqua corrente

E Le mie dita schiuse

Avevo

La voglia di vedere 
Con gli occhi
in mano
rubavo gli odori
Passando la lingua
Per la cucina 

di tanto in tanto

Ne Ho visti di visi
in fotografia
come un gatto che fruga

Mentre suo padre

un matto

di casa in chiesa
Mi sbatteva
Urlando

Le anime vive si assomigliano tutte!
frecce bianche
facce toste

Un vero rifugio senza uscita

Per Le mie reti
un pertugio
grigio cenere
bagnato di pioggia

Il tempo Sparso
invaso
Senza veli

In nessun posto

La vita traccia
il massimo
della distanza
e l’errore non supera l’oscurità
ma è nella stanza
che a piccoli passi …

Alleluja!

Che
Mi viene voglia
             di ridere
che
Mi viene voglia
             di cantare
che
mi viene voglia
             di pisciare

Dentro a una stella
Dietro a una stalla

colle mani sopra

Per non cadere avanti
Voltavo la schiena e pagine

A una croce
poi una voce in vece
dice

Ne ho abbastanza
Di te
delle tue stese figure
di quel sospiro
dolce e feroce
del tuo boschetto
felice
e degli altri vicini

Curiosi

al tuo corpo
al mio corpo

degli specchi
curvi e flessi
di quelli che
nel fragore si
infrangono
e ingrassano
ogni storiella

L’insuccesso
a prescindere dal cesso
 arriva riflesso,
man mano che mi inoltro,

una dopo l’altra

tra i denti il coltello
m’appendo alla sera
come a un grilletto che spara

 ORA!

venerdì 14 dicembre 2018

NELLE SERE D’INVERNO.



NELLE SERE D’INVERNO.


Amavo l’inverno
Lo amo ancora

Quando da bambino
Lanciavo palle di neve
Contro i colori dei vetri
 mandavo in frantumi

Litanie urlate a brandelli

 Verso i miei versi

A volte lo facevo sotto la pioggia
Nelle sere d’inverno
Fino ad appannarmi le labbra
 il calore del cuore usciva
in un vapore denso
  profumato di muschio

ma non parlavo mai di gelosia

 Solo

 mi giravo di schiena
 infilando i pugni stretti
Nelle tasche sfondate
dei miei calzoni rossi

La mia vita in quella casa non è stata troppo male
 e la neve
 mi ha sempre tenuto caldo

Quando fuori
 nelle mattine di gelo
il fumo faceva da respiro
alla terra spaccata
 esitavo piano
  prima di andarmene

Vedevo mia nonna
 seduta sopra una tomba

Come ogni corsa
 giù per la strada erosa
 ai margini infallibili
Della mia gioia sterrata

In fondo
 il numero dei gradini non importava
Attraversavo la piazza
 le gambe larghe
 le ginocchia piegate

Passo dopo passo
 dopo ogni passo
Davanti alla casa col muro
 bianco

La morte di mio padre
avrei potuto
 e liberarmi dell’amore
Ma all’amore non si comanda

e certi gesti per me sono incomprensibili

La mia vita in quella casa non è stata troppo male
 e la neve
 mi ha sempre tenuto caldo

C’erano fiori dentro alle finestre
i vetri coperti di ghiaccio
tanto dolce e loquace
che per far presa con le mani
 picchiavo
sul tempo

L’aria rarefatta
Dei miei anni felici

 Veloci

Ribelli

A volte c’è da chiedersi quanto
  debolmente le parole ci abbandonano
che inghiottire è un tormento

Facce bianche senza tracce
 tutt’orecchi
e naso all’insù
appoggiato alla vanga

indietro la testa

Nelle sere d’inverno
 per tutto quel tempo riflesso
in cui mi veniva da piangere

ho pianto

nel bagliore straordinario dei lampioni

mentre sotto
cadeva la neve




domenica 9 dicembre 2018

TUTTO L’ODORE VIOLENTO DELLA VITA.




TUTTO L’ODORE VIOLENTO DELLA VITA.

Cominciò sul mare d’inverno
La Giudecca
Dal ponte del traghetto
 che attraversava il canale
La ricordò
 ancora come ora
Venezia è d’una bellezza incantevole
Come le favole
Obbedienza e gambe lunghe
 e le sere trascorse scorrendo
 le dita sulle pietre
Ruvide al ruvido
Palmo a palmo
 dalla mano
 alla mano
Suonò qualcosa
 al pianoforte
Toccò tutti i registri
 era pronto a succhiare
 tutto l’odore violento della vita
Le narici rigonfie
Lo sguardo teso
Uno stupefacente ritrovar se stesso

Incessantemente andava sognando
La più piccola di tutte le oasi
 quella piazza San Marco
  col ruggito del suo leone
La soave meraviglia
L’immagine
 che i peccati redime
Nei tratti del suo volto
L’espressione delle emozioni
 più alte
 più forti
I muscoli del collo
Scoperti e protesi
 esaltati
 dalla luce bianca della nebbia d’inverno
Con la sua tenera notte brutale
Fu quella la notte
 che
Fece la guerra
 con la diligenza di uno studente
 che
Fece l’amore
 con la rabbia di un animale feroce
La sua lama era così tesa
 tersa da fare da specchio
E spaccare
La storia della umanità in due metà
 l’una contrò l’altra
Scelse intenzionalmente la prospettiva
Dal ponte di Rialto
La linea dell’est
Rappresentava
La sua simpatia per la condizione
 selvaggia e animalesca
Di due amanti abbracciati
Nella confusione cocente del carnevale
Pretendere che egli fosse dolce come il miele
Con esplicita allusione
 allo splendore della notte bruma
Sarebbe stato come chi svegliandosi in piena notte
 si mettesse a cantare
L’effetto di una improvvisazione piena di sentimento
Tutto cominciò
Dal ponte del traghetto
Con lo sguardo dell’uomo
 che attraversava il canale
Tutto cominciò
 nell’odore violento della vita
Sul mare d’inverno






martedì 27 novembre 2018

Qualcuno biasima ognuno ad ognuno


Qualcuno biasima ognuno ad ognuno


Uno ad uno
Come i miei passi e ripassi
Ognuno ad uno
Passi e ripassi,
ma passi?

Due a due
Come noi due
Come il quattro ogni atto
Quatto quatto
Facciamo un patto.

Tre per te
Io e il tre
Perepé peppé
Che bello che è!

Poi ancora un atto
e son quattro!

Come i passi veloci
che annaspi feroci
le mie piccole noci
con dita precoci,

io,

me lo ricordo d’istinto
come tutte le voci
dietro le quinte 

t’ascolto
d'incanto

e intanto bisbiglio: “tanto ti piglio!”

Corri corri
che gli scappi,
fuggi fuggi
Generale!

Che gli sparo a quel maiale

Grugnisco e riverisco
Esco di scala
Poi i mie passi sui morbidi sassi

Chi se li pone più?
e domanda
Come fa tu ?

Din don dan la campana fa

Quel che mi aspetto
È qualche dispetto
Ed esco sul crespo

Oceano ed ano
Un poco ti amo
come un cannone
che riesco e nascondo

nel mio capannone

Rimbomba come una tomba: “Hei!”
Bella bionda, suona la tromba!

E poi big come sur…cazzo mi stai

Come non mai

Hai! Hai! Ma che mi fai?

Male male di mele al miele

Ogni giorno di fiele
Che ancora rimane 
nel mio cuore felice 

Come qualcuno,
uno ad uno

Biasima ognuno ad ognuno.


 


sabato 17 novembre 2018

FATTI SICURAMENTE OGGETTIVI: OVVERO DELLA OGGETTIVITA' IMPOSSIBILE.


FATTI SICURAMENTE OGGETTIVI: OVVERO DELLA OGGETTIVITA' IMPOSSIBILE.
Sarei prudente sul concetto di "oggettività": non c'è nessuna oggettività, a prescindere dal campo di applicazione.
Chi definisce l'ambito semantico e di senso del concetto (segni non esclusi) che sottende alla parola (che è téchne) "oggettivo", declinazioni comprese, è sempre un soggetto.
Questo soggetto è l'uomo; pertanto non esiste la possibilità di definire "al di là" dell'uomo l'uomo, men che meno il mondo in cui l'uomo vive ed opera, come se l'uomo che lo definisce stesse fuori dal mondo in cui l'uomo, appunto, vive ed opera.
L'obiectum (da obicere "mettere di fronte") sta sempre in una prospettiva postuma rispetto al suo dire, che è dire del soggetto rispetto ai suoi segni.




sabato 4 agosto 2018

NEXT TO ME. QUALSIASI COSA ACCADA RESTAMI VICINO.





NEXT TO ME. QUALSIASI COSA ACCADA RESTAMI VICINO.

durata lettura post min. 3:47,33 circa - grado di noia: dipende da quanto sei stronzo.
Questa mattina all’alba, con occhio contemplativo e bovino, carezzavo, al di là del riquadro della mia finestra bianca, i polposi rilievi collinari della città di Gubbio (che bella che è!), mentre l’irriverente boccaccia sorseggiava il vapore del mio caffè americano, l’altro occhio zampettava, curioso, tra le paginette luminescenti dei social network ai quali sono iscritto: SBENG! ECCOLO! L’occhione ceruleo sbatte proprio li, contro una “edicoletta votiva”che fa, orgogliosamente, bella mostra di se promuovendosi per il tramite della esibizione di un #hashtag a vocazione eroica.
Subito, per associazione tricologica, metto in relazione l’incolto barbone di Garibaldi, “Eroe dei due Mondi”, ovvero il Mercenario dei Mercenari, e l’incolto barbone del ex gimnosofista Osho: pace all’anima de li mortacci sua!.
L’eroico “santino” recita quanto segue: “Vivi semplicemente. Non lottare e non forzare la vita. Osserva in silenzio ciò che accade. Lascia accadere. Permetti a ciò che è, di esistere. Lascia cadere ogni tensione e lascia che la vita fluisca, che accada. E ciò che accade, te lo garantisco, libera.” (N.d.r. Teoreticamente inconsistente)
AMEN!, mi vien da pensare e chiuderla li, poi però ci ripenso, faccio un saltello indietro, rileggo: “Vivi semplicemente. Non lottare e non forzare la vita. Osserva in silenzio ciò che accade. Lascia accadere. Permetti a ciò che è, di esistere. Lascia…” … MINCHIA!
Frugo, con avida lussuria, nelle tasche del pigiama che non ho: m’è venuta voglia di un cioccolatino Perugina, … MINCHIA!, esclamo ancora.
Minchia! Ripeto un’altra volta, tra me e me, mentre il respiro dolce, costante e profondo, del mio super cane (disabile da più di un anno) fa da contro ritmo ai miei eroici furori (questa è una citazione colta per chi ha orecchie per intendere).
Penso dunque dico: di minchiate, nella vita, ne ho lette tante (ne ho anche fatte tante) ma questa è l’essenza stessa della minchiaggine.
Così, distolgo lo sguardo dalla terra di Francesco, il frate “straccione”, scorgo Guss(tavo) che mi guarda di sottecchi come solo lui sa fare, so già cosa pensa: “Non hai proprio un cazzo da fare, tu, alle sei del mattino di domenica, vero!? … vabbé, visto che mi hai svegliato, dammi un BISTECCA-LECCA, che ho fame”
(intanto penso)… mentre mangia che faccio, ne approfitto?
Gustav, posso leggerti una cosa!? 
“No! Non puoi”
Intuisco il veto ma leggo comunque la perla di saggezza che ho appena scoperta tra le pieghe, incancrenite, dell’ego umano … Guss mi guarda e sbadiglia, come a dire “roba intelligente ne abbiamo?”, poi continua …
… ”Ale, io torno a dormire, tu intanto di a quel tuo amico scrittore, prima di aprire la bocca solo perché ce l’ha in mezzo alla faccia, di provare a farsi una settimana nelle mie condizioni; digli di farsi svuotare la vescica 7/8 volte al giorno, di farsi aiutare a defecare altrettante, di farsi medicare, con paziente e meticolosa regolarità, le piaghe da decubito, di farsi girare e rigirare, con la costanza e la precisione d’una lancetta d’orologio, quel corpo che non ti risponde più, su quella cuccia che una volta, dopo aver corso e fatto la lotta insieme, era il mio riposo preferito (oltre al divano quando non eri a casa, ma tu questo non lo devi sapere) e che ora non abbandono quasi più; poi, digli di sperare che qualcuno si alzi dritto in piedi, come una sentinella, nel cuore della notte, ogni notte, senza guardare l’ora, per controllare se ho bisogno … ed io ho sempre bisogno di sentire che ci sei, che non tradisci mai la promessa che mi hai fatta il giorno che mi ha strappato dal canile in cui ero rinchiuso … oh! Intendiamoci: tutto bello quello che mi hai letto, bellissimo … ma non ha anima: un uomo cosi, non muoverebbe un dito per i suoi simili, figurati per un cane”.
Guardo Gustav, il mio super cane, l’occhio bovino della semplicità che non forza la vital’ho abbandonato da un pezzo, così provo, mi cimento sulla strada signata dal “grande” barbuto indù: osservo in silenzio quel corpo immobile, disteso, come battuto da canne come mosse dal vento e rivedo ogni accaduto che mi riguarda con lui, ogni tensione che invariabilmente accompagna il fluire della vita nel suo accadere e scopro quel che già so: che la vita accade sempre, in tutta la sua ex-tensione; tutto ciò che accade è sempre solo la vita (e per fortuna) senza garanzie a buon mercato, senza consigli saggi dispensati come caramelle ai bambini … arresto l’oltre che fluisce … rileggo ancora … “Vivi semplicemente. Non lottare e non forzare la vita. Osserva in silenzio ciò che accade. Lascia accader …”, 
MINCHIA!, non smetto di pensare,

lunedì 28 maggio 2018

SENTO.




SENTO. 
Ve ne fosse uno mai
che voltandosi indietro
si stupisse ancora
per il rovescio
dell’impronta lasciata…
dei tuoi piedi stretti e serrati
come le bocche cucite
di quei vicoli ciechi
nei paesi a strapiombo sul mare del mio Portogallo
eterno…
…ti sento.
e risuonano echi  per quelle mie orecchie da cane
che ho avuto per te
ogni notte da infermo
…ti sento
abisso che ho dormito da sveglio
soglia cho ho difeso
sentinella
nel buio guardando
l’inferno
…ti sento
d’un silenzio che esplode
il tuo respiro
il tuo corpo disteso
battuto da canne
come mosse dal vento
come le bocche cucite
di quei vicoli ciechi
nei paesi a picco sul mare nel mio eterno silenzio
…sento.